(Sopra, la copertina del libro intitolato: ‘Un sacco di silenzi’
del giornalista Maurizio Lozzi;
in evidenza, un’immagine del fiume Sacco inquinato)
“Un… sacco di silenzi. L’agonia di un fiume lasciato morire” è l’ultima pubblicazione editoriale del giornalista ciociaro Maurizio Lozzi.
Il titolo dell’opera indica verosimilmente il tema trattato. L’autore ha aggiunto: “L’inchiesta contenuta nel libro inizia dal 1947 fino ai giorni nostri. Da allora solo silenzi sui pericoli e troppe chiacchiere senza fatti concreti. Era pronto per i miei 60 anni, poi a causa del Covid è uscito con due anni di ritardo”.
Lozzi ha inoltre rilasciato una breve intervista fornendo ulteriori delucidazioni sull’argomento affrontato ed esposto con dovizia di particolari.
Come nasce questo libro-inchiesta sul fiume Sacco? “Osservare lo stupro continuo di una valle e del suo fiume mi ha sempre scosso e generato tanta rabbia. Ma non mi sono mai voluto sentire impotente e quindi sia da ricercatore universitario, sia da giornalista ho cominciato a indagare”.
Il libro mette in evidenza dati preoccupanti che riguardano non solo l’ambiente, ma anche le ricadute pesanti sulle popolazioni e, in effetti, queste’inchiesta apre spazi di riflessione importanti? “Sì, quello che nel libro viene esposto è praticamente frutto di ricerche universitarie che hanno confermato come i veleni sversati impunemente per anni nel fiume Sacco hanno purtroppo generato diverse patologie nelle popolazioni. Sono dati, tra l’altro, pienamente disponibili, documentati e rintracciabili sul web. Io ho solo fatto un lavoro di cucitura che, nel nostro mestiere di giornalisti, è quasi la prassi nei lavori d’inchiesta”.
Come mai a un certo punto della tua vita, da sempre immersa nel mondo della comunicazioni e del giornalismo hai pensato di dedicarti a quest’inchiesta? “Arriva un momento nella vita, in cui tacere prima come genitore e poi come operatore dell’informazione lo senti come una colpa. Da semplice cittadino puoi restare curioso e spingerti solo a chiacchierare di queste cose, ma da giornalisti cercar di far luce, indagare e raccontare secondo il mio punto di vista diventa, invece, un dovere civile una sfida morale, insomma un obbligo al quale, personalmente, non mi sono potuto sottrarre. E così ho messo nero su bianco sperando che questo umile lavoro di ricerca e di inchiesta, faccia vergognare chi ha persmeso l’avvelenamento del nostro ambiente e oggi possa redimersi affinché ciò non accada mai più”.
La redazione